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"Nessuno ci da voce" Disabili e sport

Il lavoro di tesi da me svolto, dal titolo “Nessuno ci dà voce”, è nato per promuovere e diffondere una cultura che ancora oggi fa fatica ad emergere, infatti, sarebbe importante e doveroso, a tal proposito, capire che il disabile non è elemento “anomalo” del mondo dello sport, comunemente associato a persone sane, ma un vero atleta capace di raggiungere grandi traguardi. Purtroppo nella concezione comune, lo sport è ritenuto espressione di vitalità, benessere e forma fisica, e lo sportivo è concepito come una persona giovane e sana, mentre il disabile è visto dai più come una persona malata.
Disabili e sport sono dunque per molti una contraddizione, almeno agli occhi di chi non ha mai avuto modo di assistere a competizioni sportive praticate da uomini o donne colpiti da menomazione fisica o sensoriale. La passione e l’energia impiegate nelle gare, la determinazione degli atleti nello sfruttare al meglio le proprie capacità residue, la loro vitalità, non da certo l’idea di persone malate.
Tuttavia la società moderna conserva ancora numerosi pregiudizi e stereotipi nei confronti dell’handicap. Sembra difficile, per la pubblica opinione, immaginare che una persona costretta da una malattia o da un trauma, possa svolgere un’attività sportiva, magari pure a livello agonistico.
Lo sport per disabili invece è inteso a livello agonistico, ma è principalmente una grande risorsa da sfruttare per far sì che le persone disabili escano dal “buio” della diversità, tornino ad avere un rapporto con la società e ad aprire un confronto e un punto d’incontro con i normodotati. Lo sport non è solo agonismo, rivalità, vittorie e sconfitte, ma è la prova che chiunque può raggiungere grandi mete.
Lo sport credo sia un potente mezzo d’integrazione sociale per tutti i soggetti, ma in modo particolare per chi ha difficoltà a interagire con gli altri, per via del loro aspetto fisico, e in più, da un punto di vista fisico, è un ottimo strumento di riabilitazione. Offre poi numerosi benefici a livello psichico, perché sviluppa la capacità di vincere i propri limiti e le insicurezze, migliora l’autostima, permettendo di far emergere le proprie capacità e può quindi diventare uno strumento di realizzazione personale, essendo un mezzo essenziale per accrescere la propria autonomia.
Lo sport, con il suo ruolo educativo, permette di far uscire i disabili dall’oscurità in cui spesso le famiglie e le istituzioni li inducono a cadere, permettendo di recuperare le abilità residue e, facendo leva su queste, di ritornare alla normalità, ricostruendo una vita in comunità.
A livello sociale infatti, è un modo per uscire dal proprio isolamento e per creare nuove amicizie; attraverso l’attività sportiva, si crea un’occasione d’incontro e di scambio anche con i normodotati, è un mezzo di riconoscimento sociale come persona attiva. Lo sport, quindi, contribuisce a rafforzare l’identità del disabile nella società, abbattendo le barriere non solo architettoniche ma anche e soprattutto “mentali”.
La disabilità credo sia uno degli aspetti particolari all'interno dei problemi generali dell'umanità. La sorte può portare qualsiasi persona ad esserne vittima, senza alcuna prevedibilità o equità: occorre tenerne conto ogni volta che si pensa all'uomo e ai suoi diritti, nella costruzione delle regole sociali e della vita di tutti i giorni.
Non ci potrà essere cambiamento nel soggetto se non c'è anche un cambiamento nell’ambiente in cui egli vive, perché non è solo il soggetto che deve acquisire regole di comportamento, ma anche chi gli sta attorno comprendendone le esigenze, i contenuti, le problematiche, gli specifici di un mondo che non deve spaventare ma arricchire.
È pertanto indispensabile un’azione di educazione sociale di consapevolezza, di accettazione vicendevole, un avvicinamento che non sia soltanto fisico, ma soprattutto psicologico e culturale.
Solo allora l’handicap, concepito abitualmente come assenza, mancanza, privazione, può essere visto come parte inevitabile del flusso della vita, uno dei tanti aspetti dell’esistenza con le sue peculiarità, accanto alla sofferenza e alla possibile ricchezza.
Indispensabile è quindi una nuova cultura che non neghi l’evidenza, la diversità, ma lo assuma come valore.
Ogni persona va valutata nella sua complessità e variabilità, con le sue piccolezze, i suoi limiti, ma anche con nascoste e insospettabili risorse e grandezze, proprie di ogni essere.
Bisogna cioè cercare di dare a ciascuno la possibilità di essere riconosciuto per se stesso,“Perché la carrozzina non deve essere un rifugio, ma una finestra dalla quale affacciarsi su una nuova vita che non si conosce e per questo va valutata”.
A tal proposito credo che si debba porre l’accento sull’ancora poco interesse dei media per lo sport disabili, che, nonostante sia presente in occasioni importanti quali le Paralimpiadi, ha bisogno di essere conosciuto e diffuso tra la gente.
I mass media sono il migliore strumento, anche se ancora con fatica, per promuovere e sponsorizzare lo sport disabili.
Finché esisterà questa situazione, dovranno essere gli stessi atleti disabili a farsi conoscere dal pubblico, coinvolgendolo direttamente, affinché si possano comprendere le potenzialità dell’ atleta e della persona disabile, al di là delle reali difficoltà che inficiano l’affermazione della propria identità.
Forse passerà ancora del tempo prima che tutti i preconcetti e le barriere architettoniche e mentali nei confronti dei disabili vengano abbattute del tutto, ma una strada verso il cambiamento può essere sicuramente percorsa attraverso lo sport, in quanto è lo strumento più adatto ad abbattere le barriere sociali e relazionali. Infatti, e qui concludo, c’è bisogno di lanciare un proclama al mondo intero, per far capire a tutti che l’handicap è solo “nelle nostre teste, nella nostra intercultura, nel nostro pietismo, nei nostri ritardi, nel nostro egoismo. L’handicap, in sé non esiste.

Dott.ssa Daniela Guadagno
Psicologa clinica
Via Mario Borsa, 111 Roma

NB: chi volesse contattare la Dott.ssa Guadagno può rivolgersi all’ASD Faenza per tutte le informazioni necessarie.